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  4. Il progetto territoriale: una scelta di coraggio necessaria

Quando si parla di sviluppo turistico si fa spesso riferimento a quello delle singole strutture alberghiere e turistiche... e lo sviluppo del territorio?

È chiaro che la salute delle imprese è fondamentale, così come risulta determinante che queste siano ben allineate e concorrenziali nel mercato. Ben vengano quindi gli investimenti da parte dei singoli imprenditori per aumentare la propria competitività d’impresa, altresì contributi a sostegno delle iniziative.

Va però ricordato che le strutture si collocano all’interno di un contesto territoriale, all’interno di una destinazione turistica:  l’ospite, infatti, sceglie innanzitutto la destinazione dove fare vacanza, l’ambito, per poi entrare nel merito della migliore soluzione ricettiva. Difficilmente orienterà le proprie decisioni in riferimento alla singola struttura, a meno che la motivazione non sia estremamente elevata. È il caso di quelle strutture che potremmo definire “alberghi destinazione”... un aspetto interessante e di attualità, ma estremamente complesso da realizzare. Visto che la destinazione è essenziale anche per il buon risultato della singola impresa, sarebbe utile approcciare con maggior convinzione progetti di sviluppo territoriale.

 

Ma cosa significa realmente fare sviluppo territoriale?

Innanzitutto, significa guardare con attenzione quello che realmente chiede e cerca l’ospite. Chi opera nel turismo deve ricordare che deve mettere al centro dell’attenzione la soddisfazione del bisogno dell’ospite. Sarebbe quindi opportuno prendere delle decisioni facendo delle valutazioni oggettive e non solo basandosi sulla percezione e sul “secondo me”.

Anche chi opera tutti i giorni a stretto contatto con l’ospite, avrà una visione parziale e limitata del mercato ed è normale sia così. Da qui nasce la necessità di fare delle analisi macro, puntuali, precise, veritiere che mettano in risalto la realtà e quello che gli ospiti realmente cercano... e non quello che pensiamo stiano cercando.

 

In secondo luogo significa anteporre una logica di territorio a quella del singolo.

Potrebbe sembrare una cosa scontata, ma in realtà moltissimi progetti di sviluppo territoriale naufragano o perdono di efficacia proprio perché prevalgono gli interessi e la visione micro. A questa si somma una logica spiccatamente “campanilista” che porta a creare dei distinguo, che nella logica del residente sono fondamentali, ma che l’ospite non riesce e non intende percepire.

 

In questi anni di lavoro ho visto prendere decisioni assurde e del tutto insensate che poco avevano a che vedere con il “bene del turista”.

In terzo luogo ci vuole la capacità di osare, di guardare oltre. Oggi molti amministratori, siano essi di soggetti pubblici o privati, tendono a replicare quanto già fatto in altri ambiti. Si è, quindi, molto attenti alle cosiddette best practice che spesso vengono pescate guardando a nord, Austria in primis. Purtroppo ci si dimentica di due aspetti fondamentali: un progetto che ha funzionato perfettamente in Carinzia non è detto che funzionerà in Trentino, in Toscana o in altri ambiti.

 

Non sarà, infatti, solo l’idea ma anche l’approccio culturale, organizzativo, ecc. a creare le giuste condizioni. In secondo luogo si tratterà comunque di una sorta di replica, saremo quindi comunque “secondi”.

Vorrei, quindi, che gli amministratori di un territorio fossero capaci di fare scelte coraggiose, le uniche che sono in grado di portare grande impatto e risultati. La storia turistica ci insegna che solo quegli ambiti che sono stati capaci di innovare, di rompere gli schemi e proporre qualcosa di particolare hanno generato una crescita di lungo periodo.

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